Quando si dice che lo Stato è canaglia… Sono anni che l’intero settore del turismo chiede una riduzione dell’IVA in grado di consentire competitività con quei paesi che, proprio sul turismo, pagano aliquote ben diverse e inferiori delle nostre, aliquote che consentono di contenere i costi di produzione e vendita di quei servizi capaci di dare slancio all’economia.
E il nostro paese è l’Italia, quell’Italia che da sola rappresenta il Paese col maggior numero di siti Unesco del mondo, che vede nei suoi oltre 5.000 chilometri di costa balneabile il sogno di ogni altra nazione, che possiede 60.000 chilometri quadrati di foresta con ben 146 riserve naturali, che vanta 2.100 siti e monumenti archeologici, 20.000 rocche e castelli, 40.000 dimore storiche, 185 località termali. E questo per non parlare di oltre 33.000 alberghi, 2.400 campeggi e villaggi turistici, 11.500 aziende agrituristiche, 95.000 posti barca in porticcioli, 78.000 ristoranti, 128 parchi tematici. E, dulcis in fundo, circa 12.000 tra agenzie di viaggio e tour operator.
Un tessuto connettivo d’arte, storia, cultura, imprese e servizi che sarebbe in grado, da solo e qualora fosse messo in condizione di competere, di elevare il PIL di almeno un punto e mezzo o due, contribuendo notevolmente al rilancio dei consumi e della crescita.
Ma il nostro Governo sceglie la strada più semplice, che è anche quella che richiede meno intelligenza e rischia meno contraccolpi: aumentare l’IVA anziché diminuirla. In questo modo si rincarano i prezzi, è vero, ma si litiga meno all’interno della maggioranza e non si scontentano alcune lobby certamente più importanti e agguerrite di quelle poche esistenti nel nostro comparto.
E attenti al contributo di solidarietà… Potrebbero decidere di farlo pagare solo agli agenti di viaggio con la scusa che la solidarietà è cosa capace di unire i poveri, e che quindi meglio si intona a noi piuttosto che allo 0,075 del resto dei contribuenti, quelli, cioè, chiamati a pagare in quanto titolari di un reddito personale superiore ai 300.000 euro.
Basta. Basta, basta, basta. Uno Stato incapace di tutelare, proteggere e aiutare i propri cittadini a godere di una vita decorosa è indegno di governare. Uno Stato capace solo di pensare ai propri diritti non facendosi mancare nulla, mentre le imprese combattono quotidianamente per salvaguardare il diritto al lavoro e alla competizione, non merita fiducia.
Si minacciano manette agli evasori ma non si degna di uno sguardo l’evasione generata da quegli abusivi che gli agenti di viaggio denunciano inutilmente alle Province, alla Polizia, alla Guardia di Finanza. Si guarda ai mercati globali ma non si è in grado di mettere ordine in quelli rionali. Si aiuta la nascita di una “nuova” Alitalia che dopo soli 3 anni presenta bilanci da schifo nonostante abbia scaricato passività e perdite pregresse sulle spalle dei contribuenti. Si disquisisce sul valore della concorrenza ma si aiutano a fallire le imprese che vogliono concorrere nei capisaldi monopolistici quali il trasporto ferroviario. Si insiste nel mantenere in vita le Province quando non esiste italiano che non sia perfettamente conscio della loro inutilità.
Basta. Questo non è un governo che gli italiani meritano. Non è un governo che le nostre imprese meritano. AAA Cercasi tecnici capaci di ricostruire un Paese di per se industrioso, geniale, di buon carattere, da sempre portato a sacrificarsi. Li si ricercano sessualmente impotenti, alti abbastanza da guardare lontano, privi di preconcetti campanilistici e assolutamente insensibili al fascino degli animali.
Ma questo, purtroppo, è un mayday che rimarrà inascoltato.