Negli ultimi giorni, leggendo i tanti commenti riportati sui vari social network, non ho potuto fare a meno di notare il solito sconforto frammisto a livore che permea il nostro sistema, e facendo questa piccola riflessione sono andato ad aprire una cartella nella quale raccolgo vecchi articoli, recensioni e innumerevoli pagine di commenti di colleghi che, già anni fa, cercavano di dare risposta ai problemi che all'epoca minacciavano la nostra sussistenza.
Non vi nascondo che, sorridendo, mi ricordai degli scritti di Seneca che – pur essendo lui vissuto nel lontano 4 a.C. – rimangono estremamente attuali, e pensai come l'essere umano sia sempre stato capace di trovare un'antitesi alle vari tesi per ricercare nuove sintesi attraverso le tragedie di allora che, attualmente, possiamo definire crisi, e di come oggi, per trovare delle antitesi, si sia capaci di ricadere in una crisi per ritrovare degli equilibri. Complicato? Pare, ma non lo è
Certo, i problemi che Seneca dovette affrontare rimasero poi esattamente gli stessi poiché è proprio l'animo della società ad imporre questi esercizi di equilibrismo, e noi a seguire. E nel frattempo, mentre lo status cambia e ci sentiamo dire che l'intermediazione prende una piega diversa, che è il mercato che cambia noi, cosa stiamo facendo?
La risposta che sento sempre più spesso è che si cerca di sopravvivere. Noi agenti di viaggio cerchiamo di sopravvivere come possiamo in attesa che la sintesi, frutto delle varie crisi, sia il ritorno al passato. E scriviamo, e ci lamentiamo e ci arrabbiamo cercando di applicare la misura di un etica che, a mio parere, è sempre più personale. Oh… scusate, sempre più “taylor made”.
Ci sono altri settori che hanno saputo rigenerarsi in qualcosa di nuovo. La prima cosa che mi viene in mente sono i disciplinari che i viticoltori hanno avuto il coraggio di imporsi: attraverso un filo comune fatto di normativa e di regole, si sono imposti una disciplina, un modus operandi fatto per essere rispettato, per dare valore al prodotto finale che valorizza tutto il sistema.
In pochi hanno scelto la via più facile, quella del “rifiuto della disciplina”, e così facendo il mercato si è abituato a comprendere la differenza tra prezzo, quantità e qualità, e questo ormai è storia: i disciplinari risalgono a quasi vent'anni fa, con la nascita delle zone a Denominazione di Origine Controllata, le DOC, e delle DOCG poi, e questo sistema oggi è in equilibrio, anzi crea valore raggruppando e difendendo chi lo applica e lo segue, lasciando fuori chi non è in grado di valorizzarlo.
Noi lavoriamo sui servizi, che non sono soltanto quelli che acquistiamo da terzi ma comprendono le nostre capacità professionali. Si badi bene che il servizio inizia con la nostra competenza, ma per poterla imporre al mercato è necessario possederla ed esserne consapevoli e crederci, perché se ci crediamo possiamo educare il cliente. Ma per credere (virtù che in molti sono convinti essere di esclusivo dominio teologale e che il sottoscritto vuole assolutamente definire virtù cardinale, ovvero ciò che Platone legava al bene umano attraverso l'etica degli uomini) bisogna trascendere e diventare parte attiva del complesso che ci nutre.
Uscire dalla crisi, amici miei, dovrebbe significare in buona sostanza trovare una nuova sintesi al nostro operato. Questa si potrà raggiungere esclusivamente se saremo capaci di imporre a noi stessi un'etica precisa e di lavorare continuando a ricercare una totale sinergia con ogni parte in causa, cliente compreso.
E per quanto riguarda quest’ultimo… E’ vero che il cliente è il primo a cercare il risparmio derivante dal prezzo più basso (ma è anche il primo a scendere in piazza quando si vede decurtare lo stipendio o si trova a subire una tassazione maggiore, che è l'esatto contrario del loro comportamento d'acquisto), ma noi non facciamo altro che lamentarci della scorrettezza altrui evitando di analizzare ciò che siamo e come operiamo. Perché? Per debolezza? Per questa eterna mancanza di fiducia in noi stessi oppure per la paura di dover guardare dentro di noi, dentro il nostro business, temendo di fare qualche amara scoperta?
Sono convinto che l'ancora di salvezza per il nostro lavoro non risieda in formule alchemiche sconosciute, in chiavi magiche legate a dinamiche di mercato che ricercano sconto e prezzo, ma in formule estremamente semplici che sono intimamente legate all'ambito dell'essere umano, ovvero la conoscenza di se stessi, l'applicazione della nostra conoscenza al lavoro che facciamo, il perseguire un comportamento etico che crei virtù anziché il suo esatto contrario (e di conseguenza virtù legata ad una chiara normativa fatta di pochi punti facilmente perseguibili che generino positività e allontanino i soggetti non conformi), e sono certo che operando in questo modo e attivamente noi riusciremo ad uscire dall'oscurità del momento attuale. Però… dovremo essere attivi e compatti, dovremo parlare meno e fare di più, e mettere al bando ogni comportamento ed ogni soggetto in grado di compromettere la spinta positiva che in molti auspichiamo.
Juan Pablo Grando