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BRUTTA COSA…

Di brutte storie se ne leggono tutti i giorni, storie che parlano di difficoltà, di litigi, di cattiveria gratuita e di altre mille cose, ma una storia così… così spaventosamente “piena” di ciò che di brutto si può pensare legandolo ad un’agenzia di viaggio, no, non l’avevamo ancora letto. A scrivere è un ex-affiliato ad un franchisor italiano…

"Cominciò tutto nel 2011, quando - nel corso di una chiacchierata con una conoscente – io ed un mio amico venimmo a conoscenza della possibilità di aprire un agenzia di viaggi a condizioni favorevolissime in collaborazione con un network. Incuriositi, fissammo un appuntamento ed incontrammo l’amministratore col quale, dopo il primo colloquio, prendemmo accordi per la stipula del contratto.

In quella occasione informammo l’amministratore di aver avviato le pratiche per la richiesta del finanziamento necessario ad avviare l’attività, e concordammo quindi di versare, alla firma, due titoli post datati dell’importo rispettivamente di € 3.300,00 (a titolo di cauzione sul contratto di sub-locazione in quanto il locale commerciale era intestato al network) e di € 19.920,00 (a titolo di fee d’ingresso), titoli che ci sarebbero stati restituiti quando, ottenuto il finanziamento, avessimo regolarizzato la nostra posizione. Firmavamo quindi sia il contratto di franchising che quello di sublocazione.

L’iter per l’ottenimento del finanziamento si protrasse più del previsto, anche per via delle vacanze estive, e l’amministratore decise quindi – senza informarci – di depositare per l’incasso l’assegno di € 19.920,00 che, privo dei fondi necessari, venne protestato.

A nulla valsero le nostre proteste: per evitare le conseguenze del protesto fummo costretti a chiedere aiuto a parenti e amici. Proprio grazie ad uno di essi potemmo consegnare all’amministratore un assegno circolare di € 6.000,00 ed una cambiale di € 17.000,00 (totale 23.000,00 euro) in cambio della promessa di un nuovo contratto sia di franchising che d’affitto ed alla liberatoria per il ritiro del protesto.  L’amministratore ritirava il protesto, ma tratteneva i 6.000,00 euro imputandoli ai canoni di locazione scaduti (si, perché nonostante tutto la “nostra” agenzia non era ancora attiva…).

Finalmente iniziò il corso di formazione previsto dal contratto, e nel frattempo veniva approvata la pratica di finanziamento; comunicavamo quindi all’amministratore di essere in grado di pagare l’intera somma dovuta e che si potevano quindi stipulare i nuovi contratti promessi in occasione del versamento dei 23.000,00 euro. Chiedevamo quindi ci venissero restituiti i 6.000,00 euro versati con a/c nonché la cambiale da 17.000,00 euro: l’equivalente dell’assegno ci veniva restituito (con fatica, in quanto l’amministratore avrebbe voluto trattenere il denaro quali anticipo sulle royalties) mentre per la restituzione della cambiale iniziava a temporeggiare, come pure sulla data d’apertura dell’agenzia (avvenuta mesi dopo, sostenendo costi senza poter lavorare…).

Tra polemiche e liti, si arrivava all’apertura senza possedere neppure un solo codice di prenotazione: doveva trascorrere almeno un mese prima di ottenerne qualcuno, e richiedendoli noi stessi. Intanto la cambiale da 17.000,00 euro non ci era stata ancora restituita, e la richiedevamo nuovamente. A quel punto l’amministratore ci informava che il contratto di locazione – firmato – era sbagliato, in quanto il deposito cauzionale fissato in tre (3) mensilità doveva invece intendersi di dodici (12) e che, per questo, avrebbe trattenuto la cambiale consegnandoci invece il titolo versato per le tre mensilità.

Ovvio il nostro rifiuto, al quale ci veniva risposto che effettivamente l’errore era del network, e che la cambiale ci sarebbe stata restituita, ma ci veniva anche detto che – in considerazione della nostra scarsa collaborazione – qualunque nostra richiesta sarebbe stata rifiutata.  Questo fatto ci preoccupava non poco: aperti da pochi giorni e già in difficoltà sul piano dei rapporti, decidevamo di non richiedere la restituzione della cambiale per una sorta di “quieto vivere”, sperando in un allentamento della tensione. Purtroppo non andava così…

Dopo una quindicina di giorni l’amministratore tornava alla carica richiedendoci un anno d’affitto anticipato, da pagarsi con assegni post-datati, e dichiarando che ad un nostro rifiuto avrebbe atteso un ritardo anche di un solo giorno per intimarci lo sfratto.

Sempre più intimoriti decidevamo anche questa volta di pagare, e versavamo dodici (12) assegni post-datati per la locazione dell’anno a venire.

Seguì un breve periodo di quiete interrotto da una visita dell’amministratore intenzionato a presentarci una signora: “Ragazzi, questa è una mia affiliata che si è appena separata dalla sua socia. Siccome sarebbe un peccato perdere i clienti (ma la filiale era ancora aperta, e forse i clienti non erano per nulla persi se non dalla socia “separata”…) vorrei voi la assumeste”.  Spiegavamo che per noi la cosa era impossibile in quanto l’attività era in fase di avviamento ed eravamo già in due noi soci. La nostra risposta provocava nuova tensione, ma questa volta non cedevamo.  Pochi giorni dopo si ripresentava l’ex affiliata che ci chiedeva un accordo di collaborazione: lei avrebbe portato a noi i clienti dell’altra filiale in cambio di una suddivisione delle provvigioni. Da parte nostra ci fu un nuovo rifiuto, ritenendo questa proposta piuttosto scorretta.

Passò qualche mese di relativa tranquillità, fino a quando – desiderando partecipare ad una fiera commerciale – chiedemmo all’amministratore della rete un contributo ai costi, peraltro contrattualmente previsto: la risposta fu un secco “NO” in quanto “…il network non aveva soldi da spendere…”. Ci fece, però, una contro-proposta: “Io licenzio una mia dipendente e voi la assumete per sei (6) mesi, poi la licenziate e la riassumo io, beneficiando degli sgravi fiscali. In cambio di questo piacere io vi abbuono le royalties degli ultimi due mesi che non avete ancora pagato”. Altro rifiuto da parte nostra, nonostante il risparmio di qualche centinaio di euro avrebbe potuto essere gradito considerando che per molti mesi eravamo rimasti inattivi e la crisi pesava a noi come a tutti.

Risultato… Il giorno stesso ricevemmo un messaggio col quale ci veniva richiesto il saldo immediato dell’arretrato, richiesta ufficializzata dopo qualche giorno e seguita a ruota da una serie di azioni giudiziarie fino a giungere allo sfratto dai locali e ad un pignoramento nei nostri confronti.

Oggi siamo chiusi, ma le azioni nei nostri confronti continuano. Vorremmo riaprire, e contiamo di farlo, ma sappiamo già in partenza che sarà dura…"

LETTERA FIRMATA

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