A.I.A.V. mi ha chiesto se avrei avuto piacere di scrivere su questo sito, ravvisando in me uno dei pochi agenti "romanticamente appassionati" di questo lavoro.
Ad onor del vero devo ammettere che questa definizione mi calza molto bene, visto che svolgo questo lavoro da tantissimi anni con estrema passione. Sono arrivato addirittura a creare un mio personalissimo blog (che riceve parecchie manifestazioni di stima e affetto da tanti colleghi...) il cui primo obiettivo è quello di difendere l'immagine della parte sana della nostra categoria.
I complimenti non possono che inorgoglire il mio personale ego, ma nello stesso tempo mi pongono di fronte ad un quesito che credo di condividere con i colleghi che, come me, hanno assistito, spesso passivamente, ad un cambio radicale delle dinamiche di lavoro, del modo di approcciarsi al mercato, di come i clienti percepiscono oggi il nostro ruolo.
Si può ancora essere romantici e appassionati di questo lavoro?
Nel passato eravamo gli unici depositari dei sogni della gente: interpretavamo le loro aspettative ed i loro desideri inconsci trasformandoli nel viaggio che si aspettavano. Le persone entravano nelle nostre agenzie affidandoci questo forte bagaglio emozionale, e noi ci prodigavamo dando il meglio di ciò che eravamo, non badando agli orari, alla fatica e allo stress e spesso pagando questa dedizione al lavoro con un pizzico della nostra salute.
Però era bello sedersi con le persone, intavolare lunghe trattative fatte di domande e di risposte, tentare di capire cosa si aspettavano dalla vacanza per passare - solo dopo - alla fase prezzo, e in base a quello andare a scegliere il viaggio giusto. Oggi, invece, non si ha più la certezza del prezzo, e soprattutto non si dà più il giusto valore a ciò che si acquista, in una sorta di pazzesco calderone in cui metterci di tutto.
Spesso anche io ho avuto la sensazione di essere diventato, dopo 35 anni passati prima dietro quelli che si chiamavano banconi, poi dietro una scrivania, ma pur sempre dentro un luogo che propone viaggi, una sorta di "garzone di bottega" che sta lì ad aspettare che entri il compratore con la sua lista di cose da fare, da vedere: tu dovresti limitarti a tranquillizzarlo dicendogli che quello che lui ha già fatto è stato fatto bene e diventare un mero esecutore dei suoi programmi.
Si può essere romantici e appassionati davanti a questo?
Penso che gran parte del lavoro, così come oggi si svolge, abbia perso quell'aura "fascinosa" che ha avuto nel passato, però questo non significa convincersi di avere imboccato una strada senza ritorno.
Come anche il collega Juan Pablo ha già scritto in suoi precedenti articoli, siamo noi che dobbiamo rivedere il modo di vivere questa professione, che resta, pur sempre bellissima, rapportandoci ad un mondo che cambia e che continuerà a cambiare, con tempistiche diverse dalle precedenti perché oggi è tutto più veloce, tutto più connesso, tutto più virtuale.
E' un processo difficile e faticoso, che ci ha portati - e continuerà a portarci - fuori dalle nostre abitudini, cambiando il nostro lavoro e noi stessi. Ma se a cambiare ci sta riuscendo un "romantico appassionato" come sono io, penso possano riuscirci anche molti di voi.
Santo David.