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EGITTO: LA TEMPESTA DOPO LA QUIETE…

Lunga chiacchierata quella del Grillo, ieri, con un caro amico egiziano, uomo importante che si divide tra banche, grandi catene alberghiere e politica, un amico capace di rassicurare su alcune cose e rendere inquieti su altre… Le prime domande sull’attuale situazione egiziana: quando tornerà veramente la quiete?

A sentir lui, il processo di rinnovamento appena iniziato richiederà diversi mesi durante i quali gli egiziani dovranno darsi un nuovo ordine. L’augurio di tutti, in Egitto, è che il governo del paese passi alla Fratellanza Musulmana, rappresentante di una elite politico-religiosa conscia di quanto il turismo rappresenti la fonte primaria di reddito per l’intera nazione. Una Fratellanza capeggiata non dal premio Nobel per la pace El Baradei, ritenuto – a causa della sua lunga assenza dall’Egitto – troppo lontano dall’attuale realtà, ma di un uomo più forte e capace di mettere insieme i pezzi di questo malato.

Sempre a suo dire, i morti non sarebbero stati alcune centinaia come dichiarato dalla stampa ma ben di più (parla di un paio di migliaia...), se a quelli dei disordini si sommano quelli uccisi dall’esercito e dalla polizia locale durante le interminabili azioni di contenimento dei tanti episodi di sciacallaggio a danno di uffici, negozi e persino abitazioni. 

Per quanto riguarda il turismo, tutto pare cristallizzato così com’era nei giorni immediatamente successivi allo scoppio dei disordini: strutture alberghiere vuote (un esempio tra tutti: un hotel di una prestigiosa catena, posto alle Piramidi, con una capienza di circa 400 camere di cui solo 10 occupate da turisti). Nessun europeo.  Il Cairo non è ancora città sicura mentre sul Mar Rosso pare non vi siano problemi tranne il fatto che manca il personale…

Infatti le banche riprenderanno a pagare gli stipendi da fine febbraio, elemento che dovrebbe gradatamente riportare i lavoratori alle loro mansioni disertate nel rispetto del famoso detto arabo: “Pagare moneta, vedere cammello”. Vedremo.

E i tour operator italiani, in tutto ciò, come stanno?  Il nostro amico ci racconta di un T.O. preda di continui coccoloni in quanto – socio con una percentuale di circa il 35% con un immobiliarista egiziano di nome Rafaat nella proprietà di tre strutture alberghiere – ha visto svanire i clienti che riempivano circa 480 delle 600 camere disponibili. 

E di un altro che, già fortemente indebitato con un hotel tunisino, presenta oggi uno scoperto di circa 750.000 euro nei confronti del suo corrispondente locale che, di conseguenza, non ha la possibilità di pagare gli alberghi. Si chiama reazione a catena e, nella regola, vede prima o poi i clienti del T.O. sbattuti fuori dagli alberghi senza tanti complimenti.  Lo stesso operatore aveva evitato – per il classico pelo – un’istanza fallimentare proveniente dalle Maldive, nel 2010: in quel caso aveva fatto ricorso a “riserve private” depositate presso una private bank svizzera (evitiamo di scrivere sia il nome, sia la banca italiana alla quale è collegata) per pagare, ma pare che ormai – come dicono in Egitto – sia iniziato il suo conto alla rovescia.

Non mancano commenti su altri tour operator, da quelli che – necessitanti di ulteriori aperture di credito per circa 5 milioni di euro – si sono visti proporre, dato il valore dell’intera azienda, meno di un decimo del necessario, o di altri  (ma qui si parla di pezzi ben più grandi…)  che laverebbero… Ma no, lasciamo stare. Stiamo parlando di operatori turistici, non di lavanderie industriali, giusto?

Il grillo S…parlante by AUTOTUTELA

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