Ci dice che siamo inutili, che a nessuno importa di noi e che siamo soli. Ma – credetemi – non è vero…
Questo concetto di inutilità, abbandono e solitudine, negli ultimi due anni l’abbiamo letto tante volte nei post e nei commenti di molti colleghi sulle pagine dei principali social, segno, per alcuni, di una depressione causata dalle difficoltà lavorative generate dalla pandemia, prima, e dalla guerra, poi. Uno stato mentale difficile da combattere: la ripresa del lavoro, le richieste di preventivi, le prime partenze e persino l’aumento delle prenotazioni di questi ultimi mesi non sembrano essere sufficienti a cancellare questo stato di difficoltà.
Da agente di viaggio, e punto di riferimento per tanti colleghi, mi sono spesso chiesto cosa avrei potuto fare per quelli di loro che, più di altri, fossero caduti in questo devastante stato emotivo. Purtroppo non ho trovato risposte valide, poiché uscire dalla depressione è un lavoro lungo e complesso che richiede molto aiuto e molta forza, elementi che – pur volendo – non sono in grado di fornire nella misura e nei modi necessari.
Ho però trovato un esempio da seguire. L’ho trovato nella storia di un giovane uomo che, nel corso della vita, non ha avuto (forse) molta fortuna ma che ha sempre saputo rialzarsi dopo ogni caduta, più forte e determinato di prima: Diego – questo è il suo nome – ha sempre vissuto contando sulle proprie forze e con la convinzione che, queste, fossero sufficienti, abbondanti e inesauribili.
Poi, dopo tanto cadere e rialzarsi, ha sbattuto il naso contro una cosa chiamata sclerosi multipla. Una cosa che gli ha tolto prima il lavoro – Diego è fotografo professionista, videomaker ed esperto nell’uso dei droni – poi la quiete familiare, privandolo pian piano della serenità e gettandolo nella stessa depressione in cui oggi vivono alcuni nostri colleghi e, con loro, molti nostri connazionali.
Diego mi ha raccontato tante cose e, tra queste, alcuni passaggi di questo suo ultimo anno di vita: «Ero convinto di farcela da solo», mi ha detto. «Non pensavo che sarebbe stato necessario intraprendere un percorso psicologico per affrontare questo male. Con il tempo mi sono accorto che non riuscivo più a impegnarmi come prima, a trovare la passione per la vita di tutti i giorni. La malattia mi ha causato anche una seppure, per ora, leggera paralisi della mano destra, indispensabile per scattare le fotografie e manovrare il drone, ed ho cominciato pian piano a perdere la consapevolezza delle mie capacità.»
Nonostante la sua grande forza d’animo, Diego è caduto, come sono caduti in tanti. «Ho iniziato a soffrire di depressione, non riuscivo più a uscire di casa. Ho capito che avevo bisogno di un aiuto. Mi sono rivolto prima all’ospedale Papa Giovanni e in seguito al Centro psico sociale di Bergamo, il CPS, che mi ha indicato una struttura idonea per affrontare questo problema insieme a tanti altri nelle mie stesse condizioni. La condivisione è stata la parte di percorso più difficile ma più efficace: è difficile mettersi a nudo con sconosciuti, ma poi ti rendi conto che è nella difficoltà che puoi trovare la salvezza.»
E così è stato. Diego sta recuperando forza sulla depressione e questo lo aiuterà a combattere la sclerosi multipla, che ora è diventato il problema maggiore. Ed è proprio per lanciare un messaggio di incoraggiamento a tutti coloro che si trovano in difficoltà che Diego ha deciso di affrontare, da solo, il Cammino di Santiago. Con lo slogan “Se cammini…vivi” Diego intende dire, a chiunque, che le difficoltà vanno affrontate guardandole in faccia e, addirittura, sfidandole.
E la sfida alla sclerosi multipla dopo aver combattuto e battuto la depressione, è oggi l’obiettivo di Diego.
Ed è anche il nostro dell’AIAV: abbiamo deciso di aiutarlo nella sua impresa perché vorremmo che il suo messaggio aiutasse quei nostri colleghi che, da quest’ultimo, lungo periodo, sono usciti troppo provati sia sotto il profilo economico che sotto quello personale, familiare, di salute.
Aiuteremo Diego nel suo cammino e aiuteremo i colleghi che ci chiederanno assistenza, sostegno, perché anche questo è un modo per essere vicini alla nostra categoria. Oggi siamo in difficoltà ma domani, insieme, torneremo ad essere forti!
Fulvio Avataneo
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