Tra pochi giorni saranno passati due mesi dall’emanazione dello “sconsiglio” a recarsi nella penisola del Sinai, in questa inclusa la località di Sharm El Sheikh considerata “a rischio” dal Ministero degli Affari Esteri.
Lo scorso anno il medesimo “sconsiglio” era arrivato come un uragano il 16 agosto, un venerdì, a devastare le vacanze di decine di migliaia di italiani nonché le casse di molti tour operator già provati dalla crisi economica (tant'è che alcuni di essi hanno chiuso i battenti lasciando debiti verso viaggiatori e agenti di viaggio). La stessa cosa accade - e potrà accadere... - ora, in questo 2014 che anziché ripresa pare voler portare altri problemi sul fronte del turismo.
Davanti ad uno “sconsiglio” ci si adegua: si rimborsa, si riprotegge, si attuano politiche difensive e si studiano soluzioni e destinazioni alternative. Ma questo non può diventare un’abitudine, né può essere accettato senza discussioni soprattutto quando in mesi e mesi di disagio… non accade assolutamente nulla che convalidi la ragionevolezza di quel provvedimento!
Se una strada ha uno scorrimento tale da potersi definire “a rischio” per i pedoni che la devono attraversare, si dipingono strisce, si installano semafori e telecamere, e addirittura la si fa controllare da un vigile urbano; se un tetto o un muro sono “a rischio” di crollo, si transenna l’area e si interviene con le necessarie riparazioni. In Egitto cosa è stato fatto, per ora e nel corso di tanti mesi, per ridurre o eliminare il rischio che ha indotto la Farnesina a “stoppare” i viaggi su quella destinazione?
E’ giusto chiedere a tour operator e agenti di viaggio di adoperarsi per evitare ai viaggiatori di incorrere in pericoli, ma è altrettanto giusto informarli 1) sui motivi che hanno spinto ad applicare una misura tanto drastica 2) su ciò che le Autorità egiziane stanno facendo per risolvere il problema 3) sul fatto che il rischio sia ancora presente e, se si, per quale motivo.
Uno “sconsiglio” mette in moto una serie di situazioni che recano danno a tutti, e queste situazioni si accettano – obtorto collo – proprio perché si è parte di una categoria altamente responsabile e profondamente legata ai viaggiatori (per noi sono più “viaggiatori” o “clienti” che “consumatori”). Questo però non vuol dire che la categoria non debba essere costantemente informata su ciò che avviene, su ciò che viene fatto per tornare alla normalità, se si è veramente davanti ad un rischio concreto o se, invece, questa misura può risultare sproporzionata rispetto alla reale situazione.
In sintesi, il senso di responsabilità ci vuole, è necessario. Ma non può essere solo quello degli operatori del turismo, dev’essere di tutti...