È possibile viaggiare in paesi come Egitto e Giordania, nonostante il conflitto tra israeliani, Hamas e Gaza?
Una problematica di difficile risoluzione, che oggi torna ad essere di grande attualità, riguarda il cd. “sconsiglio” del Ministero degli Affari Esteri e la sua rilevanza rispetto alla normativa sul diritto di recesso dal pacchetto turistico e il diritto al rimborso in capo al viaggiatore.
La mancanza di un’interpretazione chiara e univoca sul tema fa sì che, a ridosso di guerre e altre emergenze, il settore turistico e i suoi operatori si ritrovino a dover affrontare numerose richieste di cancellazione di pacchetti turistici e, di conseguenza, a dover sostenere ingenti flussi di cassa per rimborsare i viaggiatori. Tuttavia, le cancellazioni non riguardano solo i pacchetti dei luoghi di destinazione oggetto di “sconsiglio”, ma anche quelli inerenti a viaggi nei Paesi limitrofi, dove però non si evidenzia alcuna situazione di emergenza e/o crisi politica.
È bene ricordare che il viaggiatore ha diritto a recedere dal pacchetto turistico, senza corrisponderne le spese e ad essere rimborsato dei pagamenti effettuati, solo se, come ci ricorda l’articolo 41 comma 4 del Codice del Turismo, sussistono i seguenti presupposti: “…in caso di circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto turistico”.
Di fronte a dubbi interpretativi sulla definizione di “circostanze inevitabili e straordinarie”, la giurisprudenza fa richiamo alla Direttiva Europea 2302 del 2015 e al suo Considerando 31.
Al di là dei suddetti requisiti, nell’ordinamento non vi è traccia di una norma che indichi lo “sconsiglio” o altra formale comunicazione della Farnesina, come presupposto per poter ottenere il rimborso.
I comunicati e le informazioni emessi dall’Unità di Crisi del Ministero degli Affari Esteri sul proprio sito web (ViaggiareSicuri.it), vengono richiamati all’art. 19 bis della legge n. 43 del 17 aprile 2015 intitolato “Disposizioni in materia di sicurezza dei viaggiatori”.
Secondo l’interpretazione della Sez. Civile I del Tribunale di Milano, le informazioni estraibili dal predetto sito possono essere utilizzate per orientare le scelte dei viaggiatori e non per trarre informazioni attendibili sulla sicurezza di un paese. Il loro carattere meramente consultivo e raccomandatorio si ricava inoltre dal sito della stessa Farnesina, la quale specifica che “…ViaggiareSicuri è un servizio pensato per sviluppare e per favorire scelte di viaggio consapevoli e responsabili (…)” e che “…le informazioni” riportate in esso, hanno “valore orientativo - e non prescrittivo -” e che lo stesso Ministero “…non interviene sul significato che ciascun tour operator attribuisce a tali informazioni”. Sottolinea in oltre, la sua “estraneità” a qualunque rapporto di natura privatistica, incluse le questioni attinenti alle norme che regolano i contratti di viaggio fra clienti e tour operator/agenzie”.
Ergo, essendo il contratto di pacchetto turistico un accordo stipulato tra due parti private, quello che si ricava da queste indicazioni è che le informazioni fornite sul sito sono sicuramente importanti riferimenti che turisti e tour operator possono (e non “devono”) consultare, ma che esse non assumono alcun carattere vincolante. Pare quindi ragionevole ritenere che in materia di rimborsi si debba applicare quanto previsto dalla normativa esistente, italiana ed europea, senza perdersi in dibattiti sul significato di una parola.
La centralità di questo tema ci porta ad affrontare il grande quesito che attanaglia oggi il mondo degli operatori turistici: è possibile viaggiare in paesi come Egitto e Giordania, nonostante il conflitto tra israeliani, Hamas e Gaza?
Tenuto conto della normativa già analizzata, non sussistono al momento riferimenti specifici in giurisprudenza, o da parte del legislatore, su quanto si intenda nell’art. 41 c.t. con “nelle immediate vicinanze”, perciò ci limiteremo a far riferimento a quello che le norme e i fatti dicono: prendendo in riferimento l’estensione odierna del conflitto e quanto ci viene riportato dalle autorevoli figure (come il Ministro delle Antichità e del Turismo in Egitto, Ahmed Eissa, accolto in Italia il 23 ottobre 2023 per incontrare i tour operator e rassicurare i turisti italiani sul fatto che l’Egitto sia un paese che da sempre lavora per la pace) , possiamo osservare come l’Egitto e la Giordania non mostrino, attualmente, di essere sottoposte a rilevanti tensioni e situazioni di emergenza.
Per concludere, crediamo che la situazione di tali paesi non presenti i caratteri richiesti dalla normativa sul rimborso (art. 41 co 4 c.t) e dalla Direttiva Europea 2302 del 2015, in quanto il conflitto israelo-palestinese si concentra sulla striscia di Gaza e su alcuni territori israeliani, lasciando completamente esterni Egitto, Giordania e gli altri paesi limitrofi.
Nostra convinzione è che i pacchetti turistici aventi ad oggetto viaggi e servizi in queste destinazioni, non debbano esser sottoposti ad alcuna cancellazione. La paura e il ripensamento nel viaggiare in luoghi non colpiti da circostanze straordinarie, e distanti dalle zone di conflitto, non possono giustificare il rimborso delle spese e il non rispetto di una normativa, quale quella del Codice del Turismo, che cerca di tutelare non solo il turista ma anche il tour operator e gli altri operatori, fermo restando il compito di questi ultimi di garantire la miglior esecuzione del pacchetto turistico per il benessere e il piacere del viaggiatore.
(L.R.)
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